Già da tempo il nocciòlo
ha fiori penduli,
ilarità invernali
in diaccio riso;
più discreto e pensoso,
l'altro fiore
in filamenti si apre
in cavità
che il duplice connubio
trascolora.
Ora, d'inverno,
col pensiero tagliente come bora,
si dissecca la vite nel suo tralcio
ma la gemma già gonfia;
si squama già in velluto
l'implume ascella,
col suo pianto tardivo
in gocce pure.
Febbraio
( quel taglio secco
un sonno mi compone
che di morte non sa
ma di aspro sangue ),
febbraio gonfia i ciottoli,
matura nel riposo altro turgore,
la vena gonfia,
rismuove umori
che nell'aria cangiata
già si sfanno.
So, dopo il taglio,
gioia di tralci
e tenui ramoscelli;
so se resse l'innesto
al solleone,
il frutto so e la gemma
puntuta a legno
o in tondità pregnanti.
So, di febbraio,
quel variare improvviso della fibra,
quell'arretrare e riavanzare bruschi
che la viola in brividi assapora...
So, di febbraio,
ciò che è stato d'inverno
e come muteranno
le stagioni...
... so come il fiore
si smarrirà
di desolato canto...